La Signora Enrica affettuosamente chiamata "la Baldi" mi ha fatto innamorare della cucina e i ricordi su di lei, la sua famiglia e le cose buone che uscivano da quella cucina sono tra i più belli che conservo nel cuore.
Purtroppo alcune ricette si sono perse e io le riproduco a volte usando la memoria e a volte un po' di intuito.
Per fortuna, per questa ricetta, è venuta in mio soccorso la mia amica Riccarda, Piemontese DOC, bravissima anzi, super brava in cucina sia nei dolci che nei piatti salati, che mi delizia a Natale quando ho la fortuna di andarla a trovare, e mi ha dato la sua personale ricetta, che io di sicuro non sono riuscita a riprodurre altrettanto buona come la sua!
700 grammi di latte intero
scorza di un limone non trattato
140 grami di zucchero
4 uova intere
120 grammi di amaretti
40 grammi di nocciole tritate
1 cucchiaio di cacao amaro in polvere
40 grammi di nocciole tritate
1 cucchiaio di cacao amaro in polvere
un bicchierino di Rum
150 grammi di cioccolato fondete tagliato in piccolissimi pezzi
Uno stampo grande da plumcake da 35 cm o da budino
Una teglie per cottura a bagnomaria
Preparare una teglia che possa contenere lo stampo da plumcake per la cottura a bagnomaria,
Far scaldare il latte con la scorza di limone senza arrivare al bollore.
Tagliare a piccolissimi pezzi il cioccolato fondente.
Nel frattempo sbattere le uova intere con lo zucchero e aggiungere gli amaretti sbriciolati finemente, le nocciole tritate, il bicchierino di rum, il cioccolato e il cacao. Mescolare delicatamente.
Versare il latte caldo nel composto di uova e cioccolato a cucchiaiate dopo aver tolto la scorza di limone.
Versare in uno stampo a piacere e porlo in una teglia con acqua calda.
Coprire con un foglio di carta stagnola per evitare che il composto bruci.
Infornare a bagnomaria per circa un'ora e mezza a 190 gradi. Lasciar raffreddare in forno.
Una volta completamente raffreddato mettere in frigorifero e consumare il giorno successivo cosparso di amaretti sbriciolati o granella di mandorle e accompagnato da ciuffi di panna montata freschissima.
Curiosità: L'etimologia del nome è incerta e si sono avvicendate versioni molto diverse. In piemontese il termine bonèt indica un cappello o berretto tondeggiante, la cui forma ricorda quella dello stampo a tronco di cono basso in cui viene cotto il budino. Di fatto lo stampo di rame in cui si cuocevano i budini e i flan, veniva chiamato bonèt ëd cusin-a cioè cappello da cucina, berretto del cuoco. Il dolce avrebbe quindi preso il nome dallo stampo. Questa è l'interpretazione che viene data dal vocabolario Piemontese/Italiano di Vittorio di Sant'Albino del 1859.
Un'altra interpretazione diffusa nelle Langhe, una delle zone di origine, ritiene che il nome richiamasse il cappello perché il dolce veniva servito alla fine del pasto. Come si indossa il cappello da ultimo prima di uscire, così si mangiava il bonèt da ultimo prima di terminare il pranzo o la cena: a cappello di tutto il resto.